Cactus e piante grasse sono esempi della straordinaria adattabilità del mondo vegetale a climi e contesti anche estremi: dai deserti caldi agli altipiani gelidi, dove si registra poca e scarsa presenza di acqua, e dove tuttavia questi straordinari esempi di biodiversità riescono a vivere grazie a espedienti che hanno a che fare con la loro forma e con le loro caratteristiche – una su tutte: le spine! – che ce le rendono, allo guardo, piante familiari ma con un sempre presente tocco di “esotismo” che ci fa meravigliare.

La terminologia, tuttavia, a volte può confondere.

Facciamo quindi chiarezza e iniziamo con il presentare le piante succulente, conosciute popolarmente come piante grasse. Non si tratta di una famiglia botanica propriamente intesa, ma di una serie di decine di migliaia di specie appartenenti a diverse famiglie, alcune formate da sole piante succulente, altre che ne includono solo alcune. Questa vastità restituisce un quadro molto ampio e differenziato, ed è quindi per questo che si tende a confondere le piante succulente e i cactus: questi ultimi sono una delle 60 famiglie che rientrano sotto l’ombrello più vasto delle piante succulente.

Le succulente hanno conquistato il loro territorio vincendo grandi sfide: l’aridità prima di tutto. Ecco perché queste piante possono assorbire molta acqua, da conservare e poi utilizzare nei momenti di bisogno. I liquidi vengono trattenuti grazie ai tessuti spugnosi e sono poi “stoccati” nel fusto (per esempio Euforbia, Stapelia o Zamioculcas), nelle radici tuberose (per esempio la Ceropegia), oppure nelle foglie (per esempio Aloe, Agave, Crassula): è questa caratteristica a determinare la forma delle piante: colonnari, oppure sferiche, altre volte ancora con le tipiche foglie carnose.

Interamente progettate dalla natura per resistere alle condizioni più estreme, a volte queste piante presentano un particolare “rivestimento” che le protegge dagli intensi raggi del sole, oppure sviluppano una sorta di peluria, a proteggerle, o ancora possono presentare spine al posto delle foglie. Come per ogni meraviglia della natura, anche in questo caso c’è un perché: la spina ha una superficie minore, per ridurre l’evaporazione, e può difendere la pianta dagli attacchi esterni. Si tratta di un aspetto che rende uniche queste piante: la fotosintesi non avviene infatti, come di consueto, nelle foglie, ma nel fusto.

Diffusi in particolare in centro America, come l’immaginario cinematografico ci ha insegnato, anche i cactus si dividono in tante categorie di verse: esistono migliaia di specie di cactacee! Crescono nei deserti, ma anche nelle foreste, in forma di piante epifite, che hanno bisogno di un’altra pianta, cioè, senza che ne diventino parassiti (per esempio Hylocereus o Schlumbergera), possono essere panciuti, come il noto “cuscino di suocera” (Echinocactus), avere delle forme curiose, come il fico d’india (Opuntia ficus-indica), oppure svilupparsi in fusti sottili (Espostoa, Mamillaria, Ferocactus ma anche Astrophythum). Ciò che li distingue sono le areole, zone particolari che, sul fusto, emergono e si rendono riconoscibili, e dalle quali spuntano le spine.

Malgrado l’origine di queste piante, il Ponente ligure è terra di succulente e quindi anche di cactacee. Complice il noto microclima della Riviera, che favorisce da sempre il turismo per le sue qualità temperate e mediterranee, le cactacee hanno trovato sui pendii rocciosi affacciati sul mare un habitat perfetto, e raccontano da qui storie di tutto il mondo. Piante di tantissime specie, dalle fogge più bizzarre e sorprendenti, enormi e persino centenarie, caratterizzano alcuni tra i parchi e giardini più belli e più famosi di questa zona di Liguria.

Impossibile non nominare i Giardini Pallanca di Bordighera: la più completa raccolta di piante succulente e cactus di tutta Italia, con specie che arrivano da tutto il globo. Il giardino, originalissimo, fu fondato nel 1910 da Bartolomeo Pallanca che già aveva collaborato con il celebre Ludwig Winter. Su 10.000 metri quadri arrampicati sopra la via Aurelia e affacciati sul mare si trovano oltre tremila varietà, frutto di un lavoro di raccolta e acclimatazione durato oltre un secolo.
Oggi i Giardini Pallanca sono visitabili al pubblico così come i Giardini Hanbury, che si estendono a ponente, su Capo Mortola. Siamo a Ventimiglia, in uno scenario di grande bellezza dove la roccia, digradando in mare, diede la possibilità a Sir Hanbury, a fine Ottocento, di creare un giardino-collezione noto oggi davvero in tutto il pianeta. Tra le tantissime specie internazionali che alla Mortola hanno trovato un buon posto dove vivere ci sono anche diverse succulente portate qui tra Ottocento e Novecento, frutto di scambi favoriti da Alwin Berger, curatore del Giardino all’epoca. Il clima è perfetto per cactus, agavi, aloe, opunzie e piante originarie del deserto messicano che qui, sul Mediterraneo, crescono indisturbate. Un’altra meraviglia della natura tutta da scoprire, e da studiare.

Articolo della nostra collaboratrice Alessandra Chiappori.

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