#NotaTecnica oggi porta i lettori di Flornews Liguria alla scoperta del Laboratorio Fitopatologico del CeRSAA di Albenga: ne abbiamo parlato con il responsabile scientifico, il dott. Andrea Minuto e la dottoressa Anna Paola Lanteri.
Il Laboratorio Fitopatologico del CeRSAA è una realtà consolidata nel territorio regionale e non solo, anche grazie all’inserimento nella rete LARAF, voluta e finanziata da Regione Liguria, tramite il PSR 2000-2006, e dalla Camera di Commercio di Savona, ora Camera di Commercio Riviere di Liguria.
Ma nello specifico, di cosa si occupa il laboratorio?
Lo chiediamo al dott. Andrea Minuto: «Il Laboratorio Fitopatologico del CeRSAA si interessa fondamentalmente di diagnosi.» ci risponde
«E’ un’attività che nasce oltre 20 anni fa e ci ha portato nel tempo ad incrementare il tipo di osservazione e di analisi effettuate, nonchè ad aumentare il panorama dei nostri “clienti”. In tutto questo hanno giocato a favore delle interazioni molto positive, tra le quali la collaborazione attiva, dal 2008, con Labcam – Laboratorio Chimico Merceologico della CCIAA di Savona, che ci hanno permesso di aumentare l’interdisciplinarietà del laboratorio fitopatologico.»
«Le interazioni con il CAAR di Sarzana, punto di riferimento per anni per le analisi del suolo agrario nella nostra Regione, hanno permesso al Laboratorio Fitopatologico del CeRSAA di ampliare ulteriormente l’offerta dei servizi alle imprese.
Noi ci occupiamo di diagnosi nel senso più ampio del termine, non ci limitiamo solo alla ricerca di patogeni e parassiti, ma interveniamo anche per il riconoscimento di problematiche non parassitarie (disordini nutrizionali, contaminanti, etc.»
Ma quali sono le situazioni più frequenti che il laboratorio fitopatologico del CeRSAA si trova ad affrontare?
«Il Laboratorio è stato riconosciuto idoneo dal Servizio Fitosanitario della Regione Liguria, ai sensi dell’art 15 del D.Lgs. n. 19/2021 e di quanto previsto al capo V del Decreto del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali n° 169818 del 12/4/2022 per le analisi in autocontrollo di batteri, funghi, inclusi oomiceti, fitoplasmi, virus, viroidi, insetti e acari» ci spiega la dottoressa Anna Paola Lanteri «in tale prospettiva il laboratorio si interessa, in particolare delle analisi che vengono svolte su materiale propagativo in prossimità della commercializzazione, soprattutto operando a vantaggio di aziende vivaistiche. Questo permette di monitorare e garantire la qualità del materiale propagativo operando su piante non sintomatiche, per scongiurare la presenza di organismi nocivi che possono danneggiare la successiva qualità delle coltivazioni in campo.
Queste indagini, inoltre, oltre ad ottemperare ad un obbligo normativo, permettono di limitare l’insorgenza di problematiche dopo la vendita e evitare il rifiuto o la richiesta di risarcimento da parte dei coltivatori finali nei confronti delle aziende vivaistiche.»
Una serie di analisi che andrebbero fatte a prescindere e dovrebbero entrare nella ordinarietà delle aziende vivaistiche produttrici di materiale propagativo.
«Le analisi per l’autocontrollo vivaistico riguardano circa il 70% dei campioni che ci giungono durante l’anno.» ci spiega la dottoressa Lanteri «Il resto del lavoro è quello che noi definiamo “attività da medico delle piante” e richiede indagini, talora più approfondite. Questo tipo di campioni sebbene sia numericamente inferiore alle analisi per l’autocontrollo, coinvolge più attori per arrivare alla diagnosi finale, rendendo necessaria l’interazione con diversi specialisti tra cui biologi, chimici, agronomi, analisti che analizzano i campioni con metodi differenti tra cui la microscopia ottica, la microbiologia classica, le indagini molecolari e le analisi chimiche.»
«Volendo dare un numero» aggiunge il dott. Andrea Minuto «abbiamo un trend di crescita costante che va dai 7 agli 8 mila campioni singolarmente trattati durante l’anno. Anna è l’animatrice della sezione dell’autocontrollo, è lei che ha costruito questa parte di attività che è preponderante ma senza farci dimenticare da dove arriviamo, ovvero dal campo. In questo contesto, quindi l’attività di “medico delle piante” ci fa tornare alle origini e ci rende molto competitivi, perchè ci permette di dare risposta ai problemi fitopatologici che ci giungono direttamente dai produttori locali e non».
E questo ci porta anche all’identificazione dell’utenza che usufruisce dei servizi offerti dal Laboratorio Fitopatologico del CeRSAA che, sempre più, proviene da tutta Italia e dall’estero, e non solo dal territorio regionale.
«Più che di conoscenza, si tratta di una questione di numeri» ci risponde il dott. Andrea Minuto «Noi facciamo parte del Laraf e da li siamo nati, siamo grati a Regione Liguria e alla Camera di Commercio, nostri “padri fondatori”. Ma i nostri principali clienti sono localizzati nel Centro-Sud e nel Nord-Est d’Italia perché li sono site le più grandi realtà agricole del nostro Paese. La Liguria è sicuramente e storicamente molto importante per alcune colture florovivaistiche, ma se vogliamo considerare gli ettari di produzione bisogna guardare altrove. Ormai l’85-90% della nostra attività ci viene richiesta da aziende che sono fuori dal territorio regionale, ad esempio da regioni quali: Sicilia, Campania, Lazio, Puglia, Veneto, Emilia Romagna. In parte l’attività diagnostica ci viene richiesta anche da Lombardia e Piemonte.
Poi abbiamo campioni che ci arrivano dall’estero, e soprattutto dal Sud della Francia e dalla Corsica, da Malta, Grecia e Spagna. Talora ci vengono richieste attività diagnostiche per produttori di beni e servizi in Croazia e Slovenia, e stiamo attendendo in questi giorni dei campioni dall’Ungheria.»
Tutto frutto di un lavoro condiviso e dallo scambio di conoscenze.
«Esattamente» continua il dott. Minuto «Questi contatti derivano da un lavoro condiviso con altri centri di saggio anche in collaborazione con il Labcam, che ci ha dato un’apertura nel campo della chimica analitica. Non ultimo, la presenza presso il CeRSAA di un Centro di Saggio Efficacia (Riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole) e di un Centro di verifica funzionale per le macchine irroratrici (Riconosciuto da Regione Liguria).»
Che ha dato un’ulteriore spinta alla diffusione dei nostri servizi in Liguria, soprattutto nel levante, e nel Basso Piemonte.
«Abbiamo anche una collezione di materiale microbico» conclude il dott. Minuto «che ci permette di fornire ad altri centri di saggio, che lavorano, ad esempio, nel campo dell’efficacia dei prodotti fitosanitari, campioni di patogeni con cui effettuare test sperimentali.»
Ma quali curiosità possono scaturire da questo incessante lavoro? Quali i casi più strani ed inusuali?
«Ne abbiamo avuti tanti.» ci risponde la dott.ssa Anna Lanteri «I casi più curiosi sono quelli dove ci sono commistioni di sintomi che possono dare origine a casi particolari ed a molteplici indagini prima di arrivare ad una diagnosi certa. Inoltre l’arrivo dei nuovi patogeni e di parassiti alieni, ci obbligano un continuo aggiornamento rivolgendoci a fonti di letteratura scientifica ma soprattutto coinvolgendo la nostra rete di contatti in Italia e all’estero.»
«L’anno scorso un coltivatore non ligure» entra nello specifico il dott. Minuto «ha messo in campo un forte investimento per aprire un’azienda dedicata alla produzione di fiori recisi. A causa di una cattiva applicazione di diserbante a base di glifosate, aveva contaminato le strutture di protezione e pacciamatura di materiale plastico presenti nella serra. Questo ha causato la morte di buona parte del materiale propagativo messo a dimora. Inizialmente il coltivatore si era rivolto a noi per verificare l’eventuale responsabilità del fornitore di materiale vegetale. Invece, anche grazie alla collaborazione con Labcam, si è scoperto che la causa era da ascrivere alla cattiva applicazione del diserbante. Il coltivatore ha dovuto quindi eliminare tutte le plastiche corrotte, con un danno da decine di migliaia di euro, però ha evitato una inutile, e ulteriormente dannosa, causa legale contro chi gli ha fornito il materiale propagativo.»
L’assoluta certezza o, quanto meno, l’avvicinarvisi il più possibile, evita di incorrere in danni maggiori per mancata conoscenza.
Ma da chi è composto il laboratorio? Chi vi lavora oltre a voi?
«Il Laboratorio Fitopatologico del CeRSAA è nato nel 2003 come abbiamo detto e, col tempo il lavoro è andato crescendo fino ad arrivare ad un team composto da 7 persone che lavorano a tempo pieno, escludendo il personale dell’amministrazione.» Ci spiega la dott.ssa Lanteri «Abbiamo tre sezioni: sezione microbiologia, sezione microscopia, sezione biologia molecolare e di immunodiagnosi, quest’ultima importante per il controllo sui campioni asintomatici. Tutti questi ambiti non possono essere isolati, bisogna che lavorino insieme per la buona riuscita della diagnosi.»
«Quando arrivano i campioni in genere le persone che sono coinvolte nel “triage” sono almeno 3: microscopista, agronomo con esperienza di campo, biologo con esperienza molecolare.» aggiunge il dott. Minuto «Si lavora anche in remoto. Per un lavoro migliore e più rapido.»
All’interno del laboratorio lavorano anche dei tecnici diplomati e, inoltre, sono quasi sempre presenti tesisti e borsisti afferenti ad Atenei liguri e non. In questo periodo sono presenti 2 tesiste in biologia ed una chimica farmaceutica che sta svolgendo il suo dottorato di ricerca.
Ultima domanda: cosa si può fare per migliorare alcune delle problematiche più comuni?
Secondo la dott.ssa Anna Lanteri è necessario «non dare mai per scontate le diagnosi basandosi solo su ciò che si vede. Bisogna considerare che viviamo in un mondo dinamico e pluriconnesso, è necessario stare sempre all’erta e cercare prove tangibili che validino la diagnosi.
Ci sono nuovi patogeni in aumento, ad esempio esiste un virus del pomodoro che sta mettendo in ginocchio determinate sezioni produttive e contro il quale non possiamo fare nulla, dunque bisogna giocare di anticipo lavorando sulla prevenzione.
Bisogna porre l’attenzione anche alla recrudescenza di alcune batteriosi nei vivai, dove si vanno a creare delle situazioni di contaminazione e endemismo a livello delle superfici. La sanificazione e risanamento anche degli strumenti e degli ambienti usati per la propagazione sta diventando sempre più fondamentale.»
«Inoltre i mezzi di difesa utilizzabili sono sempre più scarsi» aggiunge il dott. Minuto «spesso non abbiamo più strategie curative applicabili. Oggi o giochi di prevenzione o non hai possibilità di recupero in molti casi.»
In tutto questo l’attività di autocontrollo, che ben è stata illustrata dalla dott.ssa Lanteri, diventa dunque fondamentale e va rivalutata in chiave positiva. Dovrebbe diventare la norma.
Conclude il dott. Andrea Minuto portandosi un ultimo aneddoto «l’anno scorso un nostro cliente vivaista del nord-est ha mostrato il suo scetticismo riguardo i certificati di autocontrollo. Successivamente ha avuto un problema su alcune piante non sintomatiche e noi lo abbiamo individuato prima che gli arrecasse danno. Oggi ha compreso che “giocare d’anticipo” è meglio, onde evitare che sia il compratore finale ad accorgersene e chiedere un risarcimento.»