Coldiretti Liguria ha pubblicato un interessante approfondimento su come il cambiamento climatico sta influenzando la produzione florovivaistica ligure.

Pubblichiamo uno stralcio dell’interessante articolo di approfondimento su come il cambiamento climatico sta influenzando la produzione florovivaistica ligure, redatto da Coldiretti Liguria.

Il clima ha influito sulle produzioni in maniera opposte ma complementari: dalle gelate del biennio 1985-1986 e il surriscaldamento degli ultimi anni.

L’evoluzione del settore e il contesto climatico negli anni ’80.

Secondo le stime dell’epoca, nel territorio compreso tra Ventimiglia a Pietra Ligure la commercializzazione è arrivata a toccare cifre importanti:

  • centinaia di migliaia di steli di garofani alla settimana
  • altre centinaia di migliaia di steli di margherite e di altri fiori (bluet, calendula, algerato, bocche di leone, strelizie),
  • tonnellate di ginestra e mimosa floribunda,
  • centinaia di migliaia di anemoni, ranuncoli, oltre a rose e roselline.

Una situazione che, però, è purtroppo cambiata dopo le gelate che hanno investito la Liguria, rispettivamente, a gennaio 1985 e a febbraio 1986

La maggior parte dei prodotti florovivaistici tipici è stata distrutta dalle importanti nevicate e dalle conseguenti gelate.
Un bilancio che si fece ancora più pesante se si pensa che gennaio è il mese di maggior produzione di fiori.

Molti produttori di garofani abbandonarono le coltivazioni, dando spazio a produzioni spagnole, portoghesi e turche meno pregiate ma disponibili. Al contempo, anche i produttori di rose hanno ridotto le coltivazioni, soprattutto a causa degli importanti costi di riscaldamento delle serre. 

L’analisi di Coldiretti e la soluzione attuale.

Da un’analisi di Coldiretti, sui dati di Isac CNR, è emerso che il 2022 è stato il più caldo degli ultimi 200 anni, con una temperatura media superiore di 1,15°i ed il -30% delle precipitazioni, rispetto alla media storica 1991-2020. 

“La pioggia e la neve sono importanti, nei limiti del disastro metereologico, per dissetare i campi resi aridi dalla siccità, ripristinare le scorte idriche.” sottolineano Gianluca Boeri Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale “A cui si deve aggiungere lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve, come evidenziato dall’ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche, Irrigazioni e Miglioramenti Fondiari). Ma a preoccupare è anche il caldo anomalo, con le coltivazioni ingannate da una finta primavera che si stanno predisponendo alla ripresa vegetativa. Il rischio concreto è che nelle prossime settimane le repentine ondate di gelo notturno brucino fiori e gemme, con pesanti effetti sui prossimi raccolti”.

In Italia, così come nella nostra Liguria, si sta accentuando la tendenza al surriscaldamento.

Per tutte queste ragioni, svariati produttori hanno deciso di spostarsi su coltivazioni di fronde verdi recise, che hanno costi di produzione più bassi.

Oggi la situazione della floricoltura sta vivendo un momento decisamente felice della propria storia, con il 90% delle produzioni realizzate in loco destinato all’esportazione. Accanto alle fronde recise, anche i fiori recisi continuano a essere intramontabile e rinomato simbolo della Liguria nel mondo, ranuncoli in primis.

Durante il periodo della pandemia la richiesta è aumentata. I prodotti locali sono risultati i più facilmente raggiungibili per il mercato olandese tramite trasporto su gomma quando i costi aerei sono risultati troppo alti a causa della riduzione dei voli, cosa che ha messo in difficoltà altre zone del mondo. In questo periodo tutti i prodotti coltivati, specialmente a ponente, sono aumentati di prezzo, dando il via ad un periodo molto favorevole dal punto di vista economico. A causa della recente siccità, innescata dal cambiamento climatico in atto e dalla conseguente tendenza alla tropicalizzazione dell’intero Paese, la questione è nuovamente mutata. Il caldo di questi ultimi mesi ha ridotto qualsiasi produzione, con raccolti anticipati e piante che hanno lavorato meno, fisiologicamente. Anche in presenza di prezzi alti, infatti, i coltivatori avranno meno prodotti da vendere, e così gli esportatori, i trasportatori e tutto l’indotto.

“Il cambiamento climatico è accompagnato da un’evidente tendenza alla tropicalizzazione, che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, sbalzi termici significativi. L’agricoltura risente maggiormente delle conseguenze dei cambiamenti climatici, con i danni provocati dalla siccità e dal maltempo che, nel solo 2022, hanno superato i 6 miliardi di euro” concludono Boeri e Rivarossa.

L’articolo completo è disponibile qui: http://newsletter.bluarancio.com/nl/res/3/newsletters/12724/files/comunicato_stampa_n_5_come_il_cambiamento_climatico_ha_cambiato_la_liguria_e_la_sua_celebre_produzione_florovivaistica.pdf

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