Poco più di trent’anni, un’esperienza pluriennale in Asia, e un’idea originale: così Ilaria Positano ha creato Fiori di Castel d’Appio, azienda agricola che dal confine con la Francia propone la sua produzione di fiori eduli, nel rispetto della sostenibilità, e con tante idee per il futuro. Abbiamo avuto il piacere di scambiare con lei qualche chiacchiera per scoprire meglio la sua azienda e il progetto che, nel 2020, l’ha fatta nascere.

Sei architetto, e hai lavorato in tutt’altra parte del mondo, ma sei di Ventimiglia. Come è nata l’idea di Fiori di Castel d’Appio?

«Sì, ho lavorato in Asia, ma con il Covid-19 sono tornata a casa, dove i miei genitori negli anni Novanta avevano un’azienda floricola che produceva soprattutto piante in vaso. C’era quindi una struttura, ma era rimasto tutto abbandonato, ed è a partire da qui che abbiamo iniziato un po’ per gioco l’avventura dei fiori eduli. C’è stato un investimento da parte mia, abbiamo messo a posto la serra e abbiamo ricominciato»

Da architetto, ti occupi di paesaggi e di verde?

«Da quando sono qui, e da quando ho avviato l’azienda, mi occupo soprattutto di giardini, e di giardino commestibile. Cerchiamo quindi una produzione di piante che poi utilizziamo anche nei giardini, per cui seguiamo la progettazione e la realizzazione».

La tua idea è stata ispirata anche dalle ricerche sui fiori eduli del CREA…

«Sì, il CREA ha sviluppato un progetto di ricerca tramite fondi Interreg ALCOTRA grazie al quale ha studiato circa una trentina di varietà di fiori eduli, e ha poi promosso un corso sulla coltivazione di questi fiori, e una serie di eventi. Io sono venuta a conoscenza del progetto, ho partecipato al corso e sono stata poi aiutata dal CREA per il mio progetto. In serra abbiamo naturalmente le varietà studiate da loro, che poi abbiamo integrato, ma è stata un’ottima base per iniziare ad avere una buona varietà di fiori».

Di che fiori e piante parliam?

«In serra abbiamo una ventina di piante, sono però stagionali, per cui c’è una rotazione continua di vari tipi e di specie. Abbiamo fiori anche molto comuni, per esempio la borragine, che è già presente nella tradizione culinaria ligure. E poi tagete e begonie, per citarne alcune»

Ci sono solo fiori eduli, o tenete anche altro?

«Solo varietà eduli, ma anche il verde, per cui abbiamo le aromatiche, sulle quali cerchiamo di fare un po’ di ricerca, coltivandone alcune particolari. Cerchiamo specie ricercate, legate al mondo gastronomico e della ristorazione».

Qual è il vostro mercato?

«Ci rivolgiamo principalmente ai ristoranti, agli appassionati di cucina, ai bar su un mercato locale, quindi nel Ponente ligure e in Francia, dove il fiore edule è già presente da tempo. In Italia sta arrivando ora»

Quindi c’è interesse verso questo fiore?

«Sicuramente c’è un interesse in crescita, soprattutto verso una cucina più naturale, quindi attenta al prodotto locale. È un ambito che richiede una costante innovazione perché il mercato a cui si rivolge, cioè la ristorazione, è in costante mutamento, è stagionale e tende a seguire le mode della cucina. È un aspetto che consideriamo, ma per quanto riguarda le nostre proposte, siamo attenti a specie locali e a varietà più antiche»

Come mai?

«Nel campo del fiore edule le varietà antiche sono più interessanti dal punto di vista del gusto e della qualità. Prendiamo il caso del garofano edule: i garofani ibridati non hanno un sapore piacevole, e poi va da sé che fin dall’inizio andrebbero coltivati senza uso di pesticidi. Noi infatti facciamo così: iniziamo dal seme o dalla talea, da una base “pulita”. Poi, chiaro che se una persona ha una begonia da tre anni in giardino e non la tratta, potenzialmente potrebbe mangiarla!»

Nel 2023 Fiori di Castel d’Appio ha vinto agli Oscar Green Liguria 2023 il premio Energie per il futuro e sostenibilità: fate molta attenzione all’ambiente…

«Sì, anche se questo progetto è attualmente fermo perché sono fermi i fondi regionali. Mi dispiace perché, abitando al confine con la Francia, mi confronto con una realtà in cui conosco competitors che dal punto di vista progettuale hanno iniziato dopo di me ma ora mi stanno superando per via dei fondi che a loro sono arrivati prima. E così è molto difficile. Essendo quella dei fiori eduli una realtà nuova, c’è tantissima possibilità di miglioramento: abbiamo delle idee e vorremmo aumentare la produzione, ma abbiamo bisogno di nuovi spazi. Abbiamo tante proposte di sviluppo anche in un’ottica sostenibile, ma per rendere tutto più efficiente occorrerebbe un sostegno finanziario dedicato alle infrastrutture, soprattutto quelle energetiche».

Conoscevi già i fiori eduli prima di questo progetto?

«Io ho vissuto cinque anni in Asia: là si usano molto. Nella tradizione culinaria cinese sono molto presenti: c’è il lotus, usato in tutte le sue forme, ma anche il gelsomino, usato per i tè, come tanti altri fiori. In Corea sono molto presenti, si trovano anche al supermercato».

Secondo te arriveranno anche nei nostri supermercati?

«In alcuni posti ci sono, ma si tratta di un prodotto molto deperibile, dura pochi giorni. È la difficoltà che dobbiamo affrontare anche noi. L’alta ristorazione però li usa molto per i gusti, perché ognuno ha un gusto particolare. La begonia, per esempio, è agrumata, ma ha anche proprietà nutrizionali essendo ricca di antociani, antiossidanti naturali. L’idea alla base del nostro progetto è proprio di recuperare una cultura del mangiar sano, variando la dieta in base ai prodotti della natura».

Qual è il fiore più strano che ti è capitato tra quelli che hai deciso di coltivare?

«C’è una varietà stagionale che quest’anno non siamo riusciti ad avere, la Clitoria Ternantea, un fiore di colore blu molto interessante che si fa essiccare e si usa per cocktail e per tisane perché è un colorante naturale blu, ricco di antiossidanti. Arriva dalla Tailandia, si usa nel sudest asiatico. E poi c’è l’Acmella, un fiore che arriva dal Messico ed è piccante, scoppietta in bocca! Non sono collegati alla ristorazione proprio perché è difficile utilizzarli, però sono molto curiosi»

Avete mai pensato alla trasformazione dei fiori eduli?

«Sì, stiamo aspettando le autorizzazioni per avere un laboratorio domestico, ma abbiamo già un essiccatore che utilizziamo per fare delle prove, essiccando il prodotto per poterlo mantenere. Alcuni fiori essiccati hanno un gusto anche più forte, quindi si potrebbero rivelare interessanti»

Mi sembra di capire che il futuro prevede un certo dinamismo, ci sono molte idee…

«Quelle non mancano! Ci sono un sacco di cose che possono essere fatte con i fiori eduli!»

Intervista della nostra collaboratrice Alessandra Chiappori.

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