Siamo nella piana di Albenga, l’azienda di Simona e Fabio Giannini racconta una storia di famiglia che dagli anni Cinquanta, trasformandosi nel tempo e affrontando difficoltà e sfide sempre nuove, è arrivata fino a oggi. Tra lavanda e ortaggi, siamo andati a scoprire meglio l’azienda, che sorge proprio vicino al Cersaa, in Regione Rollo, accompagnati dalla guida di Simona Giannini.
Quando e come nasce la vostra azienda di famiglia?
«Nel nostro ufficio c’è il premio che la mia bisnonna vinse nel 1957 per il Concorso nazionale a premi tra aziende agricole per l’aumento della produttività. Le valse 200 mila lire! L’azienda quindi è passata, cambiando nome negli anni, dalla mia bisnonna ai miei nonni e zii, poi mio padre e adesso siamo io e mio fratello. Alla Cooperativa ortofrutticola siamo il socio numero 4: mio padre ha tenuto il vecchio numero di famiglia».
Come è cambiato il profilo aziendale in questi anni?
«Oggi abbiamo due dipendenti, siamo sui 20 mila metri, 5000 dedicati agli ortaggi. È cambiato tanto negli anni: quando ero piccola, ricordo un cliente che aveva chiesto dei carciofi a mio padre e aveva commentato “Ma questa è la valle degli orti!”. Erano, all’epoca, ventimila metri tutti a verdura: carciofi, carote, pomodori, valeriana, rucola tra ciò che ricordo. Mio padre poi aveva considerato che con la verdura non era più possibile andare avanti, e così era passato alle floricole. Aveva iniziato con crisantemi, gerani, che mettiamo ancora oggi. Da qualche anno abbiamo acquistato un terreno qua a fianco e abbiamo ricominciato a mettere un po’ di verdura».
Di che fiori vi occupate nello specifico?
«Tra le piante fiorite, abbiamo gerani un po’ di tutti i tipi: Edera, Macranta, Parigino… Poi le fuchsie, i Calibrachoa, i Plectranthus, le petunie, piante che oggi non hanno tanto mercato. Molti anni fa, quando facevo le medie, mio padre metteva due serre intere di Surfinie per esempio, adesso purtroppo non va più così tanto, se va bene ne mettiamo una capriata. Il grosso della nostra produzione è di lavanda Hidcote».
Quali sono le colture che si alternano durante l’anno?
«Viste le varietà che abbiamo, facciamo sia la stagione primaverile che l’autunnale. I ciclamini cominciamo già a settembre o ottobre, e poi abbiamo le piante primaverili, ma le colture sono lunghe: le prime piantine di lavanda si mettono già ad agosto e la vendita comincia verso fine febbraio o primi di marzo e continua certi anni anche fino a luglio».
Il mercato? Dove è orientato?
«Siamo un’azienda storica, abbiamo ancora clienti fidelizzati che da più di 30 anni comprano da noi: arrivavano i primi tempi con il furgoncino, poi è diventato un camion, poi si è passati ai trasportatori. Il mercato è quello interno, con Piemonte e Lombardia. A eccezione della lavanda che invece è orientata quasi tutta alla vendita all’estero, ma non la trattiamo noi direttamente, la vendiamo alle grosse ditte della Piana».
Come ogni attività, anche la vostra ha certamente aspetti positivi e altri negativi…
«Io sono anche laureata in Economia e Commercio, ma ricordo mio nonno che mi diceva “Impara l’arte e mettila da parte” quando andavo ad aiutare in azienda. Aveva il pallino che studiassi lingue, invece ho fatto economia, e alla fine ho sempre lavorato in azienda: quando è di famiglia è lì che ti ritrovi sempre, finisci di fare i compiti e vai a lavorare, fin dalle medie è successo così sia per me che per mio fratello».
Siete cresciuti in mezzo ai fiori
«Anche mia figlia: ricordo quando c’era il covid, con l’asilo chiuso, e io scendevo in azienda a lavorare. Lei dormiva nella base di un carrello con la copertina termica. Quando è di famiglia, si cresce in azienda, il brutto è che poi ci si porta il lavoro a casa».
C’è qualche pianta a cui siete particolarmente legati?
«Sia io che mio fratello abbiamo le nostre preferenze: lui segue ciclamini e lavande, io sono più per i crisantemi e i gerani. Cerchiamo di non starci nei piedi! Per i crisantemi, abbiamo dei clienti affezionati di Piemonte e Lombardia che subito dopo il giorno dei morti, il 3 o 4 novembre, già ci chiamano per gli ordini dell’anno successivo: sono molto precisi e ci tengono».
Cosa vede nel futuro dell’azienda?
«Cerchiamo di sopravvivere: la novità è il piccolo ritorno al passato che abbiamo fatto due anni fa con la scelta di tornare un po’ nel campo delle verdure. Il mercato diventa sempre più difficile e complicato, gli adempimenti sono sempre di più, noi siamo sempre meno e cerchiamo di andare avanti».
Il cambiamento climatico vi sta dando problemi?
«Siamo stati sfortunati: un paio di anni fa abbiamo preso una forte grandinata che ha rotto più di 500 lastre dei tetti delle serre, e nel 2024 quando si è allagato tutto siamo finiti sott’acqua anche noi. Per abitudine, perché così mi hanno insegnato i miei genitori, siamo inquadrati e c’è più ordine in azienda che in casa, per cui quando succedono cose del genere abbiamo i fossati puliti, però siamo finiti sott’acqua lo stesso. Gli ultimi anni ci hanno portati questi danni causati dal cambiamento climatico, che impatta anche sulla gestione delle piante: il caldo estremo del mese di agosto, per esempio, influisce sulla crescita dei crisantemi o della lavanda. Da un paio di anni purtroppo abbiamo dovuto spostare le date di impianto perché, banalmente, muoiono le piantine».
In cosa le piace il suo lavoro?
«È bello poter stare fuori tutti i giorni: da una parte è una fortuna, dall’altra una sfortuna se fa freddo. Però è bello vivere a contatto con la natura, cosa che accade molto più che in altri lavori in un ufficio in una banca. Quando vengono clienti da altre zone dicono sempre che qui sembra un altro mondo. Mi piace questo aspetto, e poi quando il cliente è contento e ci ringrazia perché la merce è bella. Quella è la soddisfazione più grande».
Intervista della nostra collaboratrice Alessandra Chiappori.