E’ stato presenato a Roma il Rapporto sull’agroalimentare italiano di ISMEA 2024, il quale propone un approfondimento sulle catene globali del valore e sul grado di approvvigionamento delle diverse filiere nazionali, temi di stringente attualità alla luce del quadro di crescente incertezza che sta inducendo diversi paesi a rivedere le strategie di delocalizzazione adottate negli ultimi decenni. Uno degli indicatori chiave è il tasso di approvvigionamento generale del settore agroalimentare italiano, inteso come rapporto tra il valore della produzione interna e quello dei consumi, che nel complesso si è attestato, nel 2023, vicino al 100% (99,2%).
Una maggiore apertura internazionale, infatti, ha favorito i rapporti commerciali con l’estero e una più solida struttura produttiva e logistica che ha alzato il grado di autonomia delle forniture rispetto ai fabbisogni alimentari. L’agroalimentare italiano ha sperimentato progressi su entrambi i fronti, estero e interno.
Il dato, sottolinea l’ISMEA, è frutto, tuttavia, di situazioni differenziate a livello di singoli comparti e prodotti. In particolare, la compresenza di un’agricoltura deficitaria di alcuni prodotti e di un’industria alimentare orientata all’esportazione determina situazioni di significativa dipendenza dall’estero in alcune filiere per l’approvvigionamento di materie prime da trasformare in prodotti caratteristici del made in Italy. Una tendenza che si è accentuata negli ultimi anni di pari passo all’aumento della capacità di penetrazione sui mercati esteri dell’industria alimentare e alla contestuale minore disponibilità di materia prima nazionale a causa dell’impatto dei cambiamenti climatici.
I primi dieci prodotti importati dall’Italia sono in ordine: caffè, olio extravergine d’oliva, mais, bovini vivi, prosciutti e spalle di suini, frumento tenero e duro, fave di soia, olio di palma e panelli di estrazione dell’olio di soia. Il grado di autosufficienza dell’Italia per questi prodotti varia dallo 0% nel caso del caffè e dell’olio di palma a oltre il 60% nel caso dei prosciutti, ma sono mais e soia, ingredienti di base dell’alimentazione zootecnica, i prodotti che, secondo l’analisi di ISMEA
, presentano le maggiori criticità in termini di approvvigionamento. Per entrambi le importazioni negli ultimi venti anni sono considerevolmente aumentate, comportando una drastica riduzione del tasso di approvvigionamento (al 46% per il mais e al 32% per la soia nel 2023). Quanto ai Paesi d’origine, per la soia si evidenzia una forte concentrazione delle forniture dal Brasile (50%), mentre nel caso del mais, pur in presenza di un livello di concentrazione minore, prevalgono gli arrivi dall’Ucraina, un Paese chiaramente a rischio elevato.
Per il rapporto completo, gli estratti e maggiori informazioni: https://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/13230