La batteria ha trasformato le nostre vite ed è destinata ad essere sempre più importante in futuro. È stato un lungo viaggio dalla sua pila iniziale di dischi metallici di Alessandro Volta alle reti che danno energia alle fabbriche. Oggi, i ricercatori stanno esplorando alternative alle tradizionali batterie al litio che causano un notevole inquinamento in vari momenti del loro ciclo vitale, dall’estrazione alla produzione ad alta intensità energetica e allo smaltimento di rifiuti tossici. Il team del dott. Paolo Giusto presso il Max Planck Institute of Colloids and Interfaces sta lavorando su batterie a base di sodio e zolfo, un’opzione promettente realizzata con elementi facilmente reperibili e utilizzando sostanze molto meno pericolose.

Ma queste nuove, più ecologiche, batterie non sono prive di sfide. La più sostanziale è la dissoluzione dei polisolfuri, cioè la formazione di composti che interferiscono con il funzionamento delle batterie. I polisolfuri sono sottoprodotti indesiderati che intasano la batteria e, quando si diffondono, possono portarla al completo guasto. Giusto e il suo team di ricerca hanno aggiunto un ingrediente inaspettato ma rivoluzionario: l’olio di lavanda.

Il dott. Evgeny Senokos ha combinato il linalolo dall’olio di lavanda con lo zolfo, in maniera che agisca come una gabbia di confinamento per zolfo e polisolfuri. I suoi nanopori (circa centomila volte più piccoli di un capello umano) intrappolano i polisolfuri ma consentono il passaggio degli ioni di sodio, molto più piccoli, assicurando un trasferimento continuo di elettroni.
“L’olio di lavanda si è rivelato l’ingrediente ideale grazie alla sua reticolazione termica e alla condensazione. In parole più semplici, man mano che la temperatura all’interno della batteria aumenta, le sue molecole di carbonio si legano più saldamente e, man mano che l’acqua evapora, la nanogabbia risultante diventa più forte e più densa. Questo strato continuo di carbonio intrappola lo zolfo, impedendone la fuoriuscita. E otteniamo una batteria che dura più a lungo e immagazzina più energia”, spiega Senokos.

Dopo aver subito 1.500 test di laboratorio in tre mesi, la batteria modificata con la lavanda ha comunque mantenuto oltre l’80% della sua capacità originale.

“Se osserviamo la natura con occhio creativo, offre soluzioni a molte sfide della transizione energetica. Sono sicuro che i nostri risultati troveranno presto la loro strada fuori dal laboratorio per applicazioni nel mondo reale”, afferma Giusto. Una volta opportunamente sviluppate, le batterie innovative potrebbero alimentare reti industriali, immagazzinare energia da fonti rinnovabili e supportare infrastrutture essenziali. “È intrigante dare forma alle batterie del futuro con qualcosa che molti di noi coltivano nei nostri giardini”, aggiunge Giusto.

(dal sito del Max Planck Institute)

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