Caterina Tamagno è architetta paesaggista, dal 2014 lavora per la progettazione del verde in spazi pubblici e aree private, ma dal 2018 fa anche parte del team di Euroflora. Dal 2020 è consulente di Porto Antico per la manifestazione, con il compito di Coordinamento Espositori, Giurie e Concorsi. Abbiamo fatto qualche chiacchiera con lei per farci raccontare da dietro le quinte la sua professione, e scoprirne tutti i segreti!
Sei un architetta paesaggista, cosa significa fare questo lavoro?
«Sicuramente implica tanto impegno, come tutti i lavori. In questo, nello specifico, è richiesto un occhio attento non solo alle piante, siano arbusti, fiori o alberi, ma all’intero paesaggio. Ciò che va sempre fatto quando ci si occupa di progettazione, e a maggior ragione per noi che lavoriamo con gli spazi esterni e il paesaggio, è capire bene il contesto in cui ci si trova».

Come mai hai scelto questo particolare ambito?
«In realtà da piccola volevo fare la chirurga plastica! Come mi sia venuto in mente di fare l’architetto paesaggista non lo so, ma me lo sono chiesta parecchie volte. Durante il lockdown ho ascoltato, letto da Lino Guanciale, “Il barone rampante” di Italo Calvino, e ho capito, forse in maniera molto romantica visto che ero a casa e mi annoiavo, che forse nel mio subconscio un input, uno dei primi, è arrivato dalla lettura del romanzo che ho fatto al ginnasio. Credo derivi da lì questo amore per gli alberi e per la natura: quella del Barone è una scelta estrema, ovviamente io non vivo ancora sugli alberi! Però una buona componente del mio amore per il verde è cresciuta così».
E le altre componenti?
«Sono figlia di due persone che mi portavano sempre a camminare, tutte le domeniche eravamo sui monti, a fare escursioni. Mia mamma è una grande appassionata di fiori e fa composizioni floreali, quindi sicuramente anche questo ha aiutato la mia crescita e la mia scelta».
Come si svolge nel quotidiano il tuo lavoro?
«Io mi occupo di tante cose diverse, per esempio di progettazione degli spazi verdi. Può trattarsi di un giardino privato, di una terrazza, per esempio qualche anno fa ho realizzato un progetto per un parco storico in Umbria, in una residenza privata, è stato in questo caso un restauro di un giardino già esistente. Oppure può trattarsi di un progetto fatto da zero di un giardino o di una terrazza. E poi c’è il discorso della pianificazione territoriale, e la progettazione degli spazi pubblici, quindi le piazze, i waterfront o le strade. Il mio lavoro è fatto da tante di queste cose, a seconda che si lavori per il privato, per l’ente pubblico. Tra le tante cose, poi, mi occupo anche di Euroflora».
Raccontaci di più!
«Sono consulente di Porto Antico per la manifestazione. È un evento che ho sempre seguito, sono cresciuta con l’adesivo di Euroflora 1991 alla finestrina della mia cameretta! Nel 2018 ho fatto parte del gruppo di progettazione dell’allestimento generale, e dopo sono stata chiamata direttamente dall’ente organizzatore come consulente per l’edizione 2022 e adesso di nuovo per l’edizione 2025».
Di cosa ti occupi per Euroflora?

«La mia qualifica di paesaggista fa sì che io abbia un occhio sul progetto generale: il bando per la selezione del progettista dell’edizione 2025 l’ho redatto io insieme ai colleghi di Porto Antico. E poi mi occupo di interagire direttamente con gli espositori, oppure di verificare che i progetti che arriveranno siano inseriti al meglio nel contesto generale della manifestazione. L’edizione 2022, che è stata al parco storico di Nervi, richiedeva per esempio progetti più leggeri, c’era necessità di questa attenzione. Ora che siamo al nuovo Waterfront di Levante, gli espositori sono più liberi, anche se il mio ruolo è comunque un po’ quello del “cane da guardia”, sempre con delicatezza!»
Ci puoi svelare, per il tuo ambito, qualche novità sull’edizione in partenza?
«All’interno di Euroflora c’è da sempre un concorso rivolto agli architetti, ai paesaggisti, agli agronomi e quest’anno il tema generale della manifestazione è la rinascita, e si interroga anche sul rapporto tra uomo e natura. Il concorso si chiama Ars Urbana ed è una delle cose che ho coccolato e seguito di più. Sono stata selezionata nella giuria come rappresentante di Porto Antico e quindi avremo 13 spazi espositivi realizzati da alcuni over 30 e alcuni colleghi under 30 che hanno interpretato la tematica nei modi più svariati. Sono molto affezionata a questa cosa, avendo partecipato io stessa appena uscita dall’università a molti concorsi per installazioni temporanee, e la tematica mi sta molto a cuore».
Di recente hai lavorato anche nel Ponente ligure
«Io sono nata a Genova, a 10 anni mi sono trasferita a Cuneo, dove ho fatto le medie, ma il liceo l’ho fatto al Cassini di Sanremo. Nel ponente ho fatto qualche lavoro con una carissima amica che si chiama Elena Faldo, collega dei tempi dell’università con la quale ho scritto la tesi. A marzo invece con la collega di Sanremo, che però vive a Genova, Giulia Giglio, abbiamo progettato alcuni degli allestimenti al Festival dei Fiori».
Qual è il tuo rapporto di architetta paesaggista con i fiori?
«Il fiore reciso è la cosa più effimera che ci possa essere all’interno di una progettazione del verde, ma è anche l’elemento che ci permette di avere qualcosa di bellissimo e però purtroppo ha una durata un po’ contenuta. Quando realizziamo un giardino – ed è ciò che è difficile da far capire al cliente, o al cittadino quando si tratta di uno spazio pubblico – dobbiamo avere molta pazienza. Con le piante dobbiamo ovviamente avere pazienza: se mettiamo a dimora un albero, non ci sarà subito un albero grande. Con i fiori invece riusciamo ad avere subito un effetto meraviglioso e quindi donare subito qualcosa di bello: anche se per poco tempo il fiore rende l’ambiente subito meraviglioso».
Ci sono fiori o piante che preferisci?
«Una pianta che amo tantissimo e cerco di usare sempre nei giardini che progetto è la ginestra. Oltre a essere una questione di gusto, quando è fiorita è meravigliosa, ed è estremamente rustica, e visto che i clienti vogliono sempre di più piante delle quali possono un po’ “dimenticarsi”, con la ginestra ci sono possibilità. Un’altra pianta a cui sono molto legata è la felce, ne ho una tatuata sul braccio sinistro: mi ha sempre affascinata, da bambina, mi raccontavano che le felci sono qui dall’epoca dei dinosauri e questa cosa mi ha molto incuriosita. Quanto ai fiori, amo molto sia la strelizia sia l’elleboro».

Tra le tue esperienze quali ti hanno messa più alla prova?
«Euroflora è meravigliosa, però ovviamente nei periodi che la precedono è complicata. Ogni progetto pubblico ha le sue peculiarità, per esempio con un collega di Torino abbiamo vinto un progetto in Lazio per un parco che prevedeva un sistema di risalita, di superamento di un dislivello da un parcheggio nella zona bassa della cittadina fino alla parte alta, con una serie di ascensori: qualcosa di molto complesso che è stato sfidante non solo per le caratteristiche ma perché non avevamo vai lavorato in quella zona».
C’è un tuo progetto che preferisci?
«È difficile dirlo, voglio bene a quello che ho fatto e mi piace tutto! La cosa forse più soddisfacente è Euroflora: quando vedi la manifestazione aprire e il pubblico contento è sempre una bella sensazione, anche se in termini di progettazione ho un ruolo di secondo piano, ma mi occupo del coordinamento che è un aspetto sicuramente importante».
Il tuo invito per Euroflora 2025?
«Ci sarà la possibilità di vedere in più o meno 4 km di percorso oltre 100 giardini diversi, più di 50 composizioni floreali, le più disparate. Visitare Euroflora è come fare il giro del mondo, tra espositori internazionali e tanti espositori italiani che portano piante provenienti da ogni parte del globo. È un po’ come andare a Disneyland: vedi di tutto, anche ciò che non ti aspetti!».
Intervista di Alessandra Chiappori.