La rubrica #NotaTecnica torna oggi all’IRF di Sanremo per qualche chiacchiera in compagnia di Federico Di Battista, istruttore tecnico, con il quale abbiamo approfondito i progetti legati alle fronde ornamentali nonché il lavoro quotidiano tra le serre, i progetti e le aziende del territorio.
Ciao Federico, che ruolo hai all’IRF e di cosa ti occupi?
«Sono un istruttore tecnico, il mio compito principale è quello di trattare tutta la parte tecnica che riguarda le tecniche colturali, quindi la parte di innovazione di prodotto e di processo dell’IRF. Nello specifico sono il responsabile del Servizio di Propagazione, che abbiamo messo in atto da un paio di anni, ed è il compito che mi occupa più tempo sia in termini programmazione, rapporti con le aziende, sia in termini di lavoro manuale. L’azienda è grande, spesso e volentieri mi occupo di alcuni aspetti io stesso, e poi seguo anche delle prove sperimentali. Per forza di cose il mio lavoro si svolge un po’ in ufficio e un po’ in serra o in campo, cosa che mi piace moltissimo»
Quali altri aspetti segui?
«Oltre al Servizio di Propagazione mi occupo di supporto alla ricerca collaborando, anche per la progettazione, con il dott. Marcello Militello. Un altro aspetto di cui mi occupo è il coordinamento degli operai e quindi della programmazione del lavoro aziendale in campo e nelle serre anche in collaborazione delle altre aree dell’Istituto. Mi occupo anche, in parte, della formazione degli studenti della scuola agraria e dei licei tecnici che vengono qui per gli stage o per dei cicli di alternanza scuola lavoro, e do supporto alle attività didattiche nei corsi tenuti presso o per conto dell’IRF».
Da quanto lavori qui e con quale percorso di studi sei arrivato?
«Sono qui dal 2010: ho fatto qualche anno di esperienza al CREA, con assegni di ricerca e borse di studio, oltre ad altri lavori in altri ambiti; sono poi arrivato all’IRF dove, dopo un anno come collaboratore, ho passato il concorso entrando nell’organico dell’Istituto. Alle superiori avevo scelto la scuola agraria, in realtà un po’ come ripiego: mi sono sempre piaciute le materie scientifiche, ma non pensavo mi sarei appassionato allo studio, così ho scelto una via che mi avrebbe permesso in ogni caso, dopo il diploma, di iniziare a lavorare, poi la passione ha preso il sopravvento e le cose sono andate diversamente»
E invece hai poi continuato con l’università
«Sì, ho sempre avuto il pallino della natura, così mi sono iscritto a Scienze Naturali, ho fatto il mio percorso e una volta laureato ho iniziato qualche piccolo lavoro, e poi sono entrato al Crea prima come operaio agricolo e poi con assegni di ricerca. A quel punto mi sono iscritto alla Facoltà di Agraria e ho conseguito la laurea triennale. È stato un percorso impegnativo, ma mi ha fornito un po’ di basi e qualche pubblicazione scientifica nel mondo della ricerca floricola, una volta entrato all’IRF ho potuto così fare il concorso con un buon bagaglio sulle spalle»
Solitamente in che zone ti sposti per il tuo lavoro?
«Lavorando soprattutto con le fronde, vado spesso a visitare aziende locali e nella zona sopra ad Albenga o Finale Ligure; diciamo che i contatti sono soprattutto con aziende del savonese e dell’imperiese»
A proposito di fronde, uno dei progetti più importanti che stai seguendo attualmente riguarda l’Eucalyptus, ci spieghi meglio?
«Il progetto è partito nel 2012 con un gruppo di aziende francesi che è venuto a chiederci di provare a propagare un genotipo selezionato di Eucalyptus gunnii. Ci hanno fornito il materiale vegetale di partenza e abbiamo iniziato a tentare varie strade. Dal 2013 al 2016 abbiamo ottenuto le prime piantine per le aziende committenti e poi dal 2017, con il benestare delle stesse aziende mandatarie, siamo riusciti ad aprirci anche alle aziende del territorio e quindi a offrire il servizio di propagazione e di distribuzione di piantine di Eucalyptus gunnii»
Il lavoro che fate su queste piante è quello di selezione orientata alla qualità
«Esatto, sul Gunnii abbiamo già il nostro genotipo selezionato e quindi il lavoro è quello di mantenere giovani le piante madri e continuare a rinnovarle per avere sempre materiale fresco. A latere, lavoriamo sulla diversificazione per scoprire nuove specie che possono essere introdotte sul mercato o ricercare protocolli di propagazione per altre specie di Eucalyptus. Quello che utilizziamo ora per il Gunnii, infatti, non ha le stesse performance per le altre specie dello stesso genere. Vi è quindi anche un grande lavoro di ricerca che deve soddisfare la domanda altrettanto grande dei coltivatori. Per esempio lavoriamo anche su specie già commerciali come Cinerea, Parvifolia e Populus, e su alcune nuove specie di Eucalyptus che potrebbero avere un potenziale interesse sul mercato»
È una pianta che viene richiesta dalle aziende agricole del territorio?
«La domanda di piantine di Eucalyptus da parte dei coltivatori è molto alta ed è cresciuta negli anni. La richiesta è quella di avere piantine omogenee e di buona qualità come sta accadendo per il Gunnii. La situazione del vivaismo adesso è tale per cui tutte piante commercializzate sono da seme; a causa dell’alta richiesta non più fatta selezione di seme, quindi i coltivatori si ritrovano con piante che hanno una enorme disomogeneità, e spesso capita che acquistino piante che magari poi non hanno alcun valore commerciale. Il nostro servizio, se allargato ad altre specie, sarebbe sicuramente un bene per il territorio»
Ti occupi solo di fronde?
«Prevalentemente, però lavoro anche su l’elleboro, sulla margherita e sulla lavanda. Entro un po’ in tutti i campi che trattiamo. In passato ho lavorato anche sulle peonie, e poi su alcune piante mediterranee, per esempio sul papavero fuori suolo per un progetto Interreg con Francia e Grecia»
Su quali altre piante state lavorando?
«In questo momento stiamo lavorando su margherita e lavanda, con progetti di rivalutazione delle specie tradizionali. Questo per dare un nuovo impulso al mercato, così che i coltivatori, nell’ottica della diversificazione, possano impegnarsi su vari tipi di colture che hanno ancora una loro ragion d’essere. Un’altra pianta su cui stiamo ancora credendo molto è l’elleboro, anche se è un prodotto un po’di nicchia. Negli anni passati abbiamo lavorato parecchio su selezioni ben adattate all’ambiente mediterraneo, abbiamo avuto parecchi incontri, nell’ambito di alcuni progetti, con le aziende del territorio e alcuni, anche se non molti, hanno cominciato a coltivarli per la produzione di fiore reciso. Ad oggi è ancora presente sul nostro mercato ed è stato utilizzato anche per abbellire i carri del Corso Fiorito, ma ancora non ha avuto l’impulso che speravamo. La speranza, essendo una coltura su cui abbiamo investito parecchio in termini di tempo e ricerca, è che possa avere ancora un certo margine di sviluppo nelle aziende del ponente ligure»
Qual è il progetto che ti ha dato più soddisfazione?
«Sicuramente il lavoro sull’Eucalyptus gunnii,un lavoro che abbiamo attivato per rispondere alla richiesta di un piccolo gruppo di azienda, ma che mai avremmo pensato avrebbe potuto destare un simile interesse. Ha permesso all’IRF di aprire un servizio di propagazione al quale prima, per le fronde ornamentali, nessuno aveva mai pensato. Per l’Istituto è stato sicuramente una sorpresa, e per me un nuovo modo di impostare lavoro: si entra sempre nell’ambito della ricerca applicata, quindi di supporto all’agricoltura, ma non era mai successo di attivare un servizio di produzione di piantine di supporto alle aziende del territorio. Questo è stato sicuramente un progetto interessante. Un altro progetto su cui mi è piaciuto molto lavorare è stato anche quello sul papavero nudicaule da fuori suolo; è un fiore veramente affascinante; questa attività ci ha permesso inoltre di avere interessanti rapporti anche con realtà transfrontaliere».
Credo di capire che nessuna giornata all’IRF sia uguale a un’altra…
«Sì, si passa dalla programmazione a tavolino di progetti al lavoro manuale in serra, ai contatti con le aziende, anche questo un punto determinante della nostra attività. Noi ci occupiamo di fare quella ricerca applicata che le aziende non hanno né il tempo, né le risorse per attuare, ma ci si rende conto che la realtà produttiva è molto differente dalla nostra attività; dal rapporto costante con i coltivatori è possibile così comprendere anche le loro reali esigenze e problematiche e questo scambio è sicuramente molto stimolante e piacevole. Abbiamo poi la possibilità di girare, sia su territorio nazionale che estero, e quindi di osservare altre realtà, sia di ricerca che produttive: naturalmente più l’IRF si fa conoscere, ha scambi con l’esterno anche nell’ambito della ricerca, più il passaggio e lo scambio di informazioni diventano importanti»
C’è qualcosa che ami particolarmente di questo lavoro?
«Mi piace moltissimo la variabilità del lavoro e la possibilità, nonché la necessità, di imparare sempre qualcosa di nuovo. Questo mi affascina tanto: ti metti sempre in discussione e mai nulla è certo, c’è ogni giorno da imparare. Se si lavora in quest’ottica, non ci si stanca mai, ci sarà sempre qualcosa di nuovo, ed è uno degli aspetti che mi appassiona di più del mio lavoro!»
Intervista della nostra collaboratrice Alessandra Chiappori.