Il nuovo appuntamento della rubrica #NotaTecnica ci porta all’IRF di Sanremo con la dott.ssa Serena Viglione, funzionario tecnico-scientifico che si occupa di micropropagazione in vitro delle piante. Siamo entrati con lei nel laboratorio dell’IRF per conoscere meglio la sua storia e per farci raccontare in cosa consiste il lavoro che viene fatto su e con le piante in questo particolare ambiente.
Ciao Serena, ci racconti come sei arrivata qui all’IRF?
«Sono laureata in biologia: la mia tesi non aveva molto a che fare con il mio attuale ruolo all’IRF, si occupava di indicatori biotici e dell’impiego dei licheni per capire la qualità dell’aria e le condizioni climatiche. Però sono di Bordighera, dopo gli studi sono tornata qui in Riviera e avrei voluto lavorare sulle piante perché siamo tutti sempre stati amanti delle piante: la mia famiglia ha un’azienda di piante grasse e mio papà è giardiniere. Casualmente ho scoperto i due enti sanremesi di ricerca, l’IRF e il CREA, e sempre casualmente all’IRF stavano cercando una persona, quindi ho iniziato a lavorare così, con contratti a progetto, finché sono poi entrata con concorso».
Ora sei un funzionario tecnico-scientifico e ti occupi del laboratorio di sperimentazione in vitro
«Sì, ho trovato colleghe che lavoravano già da anni in laboratorio, mi hanno instradata loro e si è creato il gruppo. Ora siamo in tre: Romina e Stefania lavorano principalmente in cappa, per il trasferimento delle piantine, Paola ci supporta in molti aspetti, dal lavaggio della vetreria a tanto altro…»
Una delle cose di cui vi occupate qui è la micropropagazione, di cui seguite le varie fasi
«La micropropagazione è una delle applicazioni della coltura in vitro, è una modalità di moltiplicazione della piante di tipo vegetativo che permette di ottenere delle piante identiche alla pianta madre, dei cloni. Ha diversi vantaggi, per esempio velocizzare i tempi per avere tante piante, tutte identiche alla pianta madre, e poi permette di mantenere queste piante in sanità. A seconda della specie si può anche riscontrare un effetto per cui le piante cresciute un vitro sono più vigorose, oppure si può anche partire da un individuo virosato con patologie e risanarlo. Questi sono alcuni dei servizi che forniamo, attraverso la micropropagazione in vitro, alle aziende che ce lo richiedono, oppure che sviluppiamo nell’ambito di programmi di ricerca».
Di che tipi di piante vi occupate?
«Piante da fiore, ornamentali, in vaso e reciso principalmente. A seconda di cosa ci chiede l’utenza variamo: ora per esempio stiamo lavorando sulle salvie, non tanto per un interesse verso il fiore ma per la variegatura della foglia».
Come si svolge la tua giornata tipo tra laboratorio e serre?
«Cambia di giorno in giorno, ed è una fortuna e un aspetto che mi piace molto di questo lavoro! Ci occupiamo di piante diverse e quindi le attività sono altrettante. C’è la parte di laboratorio, che può riguardare la preparazione dei mezzi e la lavorazione delle piante, e poi quella più in vivo, in cui seguiamo le piante nelle loro diverse fasi. Si tratta di un lavoro molto diversificato, sia perché trattiamo specie diverse sia perché riguarda processi complessi che hanno a che fare con tutta la vita della pianta e il suo sviluppo: da quando la introduciamo a quando la moltiplichiamo e fa le radici, fino alla fase finale. In più, come responsabile, mi occupo della parte di contatto con le aziende, della scrittura dei progetti, degli acquisti per il laboratorio, delle relazioni, e ancora dello studio e dei protocolli. Spesso e volentieri capita di saltellare da una fase all’altra, da un lavoro all’altro».
Quali sono gli stadi del processo che coinvolge le piante in vitro?
«La prima fase è quella di inoculo, introdurre cioè le piantine in vitro: si può partire da diverse tipologie di porzione della pianta. Di solito prendo le gemme, dentro alle quali c’è il meristema, la parte sana, da cui propago il materiale. A volte per iniziare non c’è bisogno di arrivare al meristema: si prende la gemma, una foglia… a differenza delle persone e degli animali, nel mondo vegetale se stacchi una foglia questa ti dà la pianta, con noi non funziona! Per l’inoculo bisogna anche trovare il protocollo adatto per lavorare in sterilità senza uccidere la pianta, ma proteggendola anche dagli attacchi. Poi c’è la fase di moltiplicazione in vitro, in cui trasferiamo le piante e dividiamo i nuovi getti che si sono formati per trasferirli su substrato fresco. Per un tot di mesi, o anche per anni a volte, le piante vengono mantenute in vitro, e continuiamo a incrementarle: il vitro infatti è svincolato dalla stagionalità e possiamo moltiplicarle tutto l’anno».
C’è un momento in cui le piantine escono dal vitro?
«Sì, è la fase di adattamento all’ambiente esterno, in cui ogni specie può avere delle criticità o delle esigenze particolari. Dopo la moltiplicazione c’è la radicazione, un’altra parte del lavoro in cui dobbiamo elaborare dei protocolli adatti a ogni specie. Si può fare il passaggio in vivo: la piantina viene tolta dal vasetto del laboratorio e si mette direttamente a fare radici in un substrato di qualche tipo – anche questo dipende dai protocolli – dove sviluppa le radici. Il vantaggio è che mentre sviluppa le radici inizia anche l’adattamento all’ambiente esterno: le piante vengono messe sotto dei tunnel, in cassette con la pellicola, o comunque in un ambiente protetto, e poi gradualmente nell’arco di un tot di tempo si adattano. Se a volte radicazione e acclimatazione avvengono insieme, altre volte la radicazione si svolge in laboratorio direttamente in vitro, con ormoni che facilitano lo sviluppo delle radici, oppure senza in base alla specie. Solo quando la pianta ha sviluppato le radici viene tirata fuori dal suo substrato in vitro. Viene quindi lavata, si toglie l’agar del substrato, attaccabile dai funghi, e viene piantata in vivo. Le sue radici a loro volta si devono adattare: ecco perché sarebbe ottimale la radicazione in vivo, ma per alcune piante non è possibile e c’è bisogno così di una fase di adattamento all’ambiente esterno, che porterà poi ad avere la piantina pronta da consegnare».
Su cosa state lavorando attualmente?
«Specie come ranuncolo, statice, garofano, piante succulente, ellebori, salvie…. Sono tante: la missione dell’IRF è anche essere di supporto agli agricoltori, per questo non lavoriamo su una sola specie. Ci sono state fasi in cui c’era la necessità, per piante emergenti, di concentrare studi, analisi e protocolli su tutti gli aspetti di una specifica specie: in passato, per esempio sul ranuncolo, l’IRF ha lavorato così. In questa fase tendiamo invece a fornire servizi su più specie diverse e non ci focalizziamo solo su una».
Intervista della nostra collaboratrice Alessandra Chiappori.