Appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee come il ranuncolo, l’anemone, la peonia o la clematide, ed è una pianta perenne che dà il suo fiore durante l’inverno, oppure a inizio primavera. Ecco perché l’elleboro è anche noto come rosa d’inverno o rosa di Natale: un fiore che sboccia quando in genere le altre piante non sono in fioritura, e che per questo è ricercato nel periodo natalizio. Non è raro vederlo in decorazioni, e certamente primeggia in giardino durante il periodo festivo.

Ellebori in vaso – foto IRF

Va da sé che questa pianta venga associata alla stagione fredda: l’elleboro resiste bene anche alle basse temperature, perfino sottozero, e può svilupparsi in terreni difficili, pur sempre ben drenati. Si coltiva in campo aperto, ma anche in vaso con qualche accortezza: predilige infatti le zone ombreggiate ed è necessario provvedere affinché non si crei ristagno idrico che potrebbe generare della sofferenza.

Pianta asiatica, presente nella flora selvatica italiana, oggi l’elleboro è stato addomesticato ed è una pianta longeva che, con poche semplici cure, può vivere per anni nei giardini e sulle terrazze. Ne esistono diverse specie oltre all’Helleborus niger (la rosa di Natale, appunto), per esempio l’Helleborus orientalis oppure l’Helleborus foetidus: è una pianta amata all’estero e in Nord Europa, vista la sua resistenza al freddo, e tante varietà sono state sviluppate dal lavoro di ibridatori a livello internazionale. Da anni l’IRF si occupa del miglioramento genetico dell’elleboro per rendere la pianta più adattabile alla tanta luce e al caldo tipici della fascia mediterranea sia per fiore reciso che per il vaso. Da questo lavoro di ricerca sono nati cinque brevetti, le varietà selezionate Francesco, NIkita, Guapa, Domingo e Mapada, che stanno contribuendo a spingere questa pianta come proposta produttiva sul mercato ligure.

Le foglie dell’elleboro sono molto resistenti, verdi scuro per tutto l’inverno, stagione in cui sbocciano i tipici fiori che hanno una forma a campana e un colore che varia dal più noto bianco della rosa di Natale fino a colori come il rosa, ma anche il verde e il viola, e un’intera gamma cromatica derivata dalle selezioni che include anche giallo, porpora, smeraldo e un finto nero. Si tratta di piante ibride, la cui fioritura può anche protrarsi dopo il mese di dicembre e approdare alla primavera.

Ma attenzione a non farsi conquistare dalla sua bellezza: l’elleboro è una pianta tossica. Tutte le sue parti contengono sostanze velenose, nocive per la salute umana ma anche per quella degli animali domestici, dai quali bisogna ricordarsi di tenere distanti fiori e foglie. Questa caratteristica viene sottolineata anche dall’etimologia stessa del nome elleboro, che deriva dal greco e può voler significare “cibo che ferisce”, oppure “cibo che porta pazzi”. Le proprietà allucinogene derivate dalla piante erano note già nell’antichità, per questo motivo si dice che l’elleboro fosse in grado di richiamare gli spiriti dell’oltretomba e che fosse usato dalle streghe come ingrediente per le pozioni. Più prosaicamente, nella medicina antica veniva usato come allucinogeno e contro i disturbi mentali. Alcuni animali selvatici, tuttavia, riconoscono il pericolo ed evitano l’elleboro anche in periodi difficili come l’inverno, ecco perché si dice l’elleboro è una pianta cervo resistente, sebbene in un giardino mediterraneo raramente si incontrerà un cervide in cerca di cibo.

La resistenza è anche la fondamentale caratteristica di una pianta che sprigiona la sua bellezza in una stagione inusuale come l’inverno, ecco perché la tradizione, oltre ad avvicinarla al Natale e al significato della festività, vede nella sua resistenza al freddo un attributo che la ricollega a virtù come coraggio, forza e speranza. Un perfetto messaggio natalizio che intreccia alle caratteristiche della pianta la sua bellezza e i suoi significati più evocativi.

Articolo della nostra collaboratrice Alessandra Chiappori.

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